Prosegue imperterrita la girandola di contradditorie dichiarazioni di esponenti della maggioranza in tema di tasse alle imprese. Potenzialmente potrebbero essere oggetto di un prelievo aggiuntivo quasi tutti, alla fine, verosimilmente, non lo sarà nessuno e la misura prenderà la forma di un obolo affidato alla buona volontà. “Se qualcuno deve pagare qualcosa in più, paghino i banchieri e non gli operai”, ha tuonato oggi il segretario della Lega, Matteo Salvini dal palco di Pontida.
Ma sabato i due esponenti di Forza Italia Maurizio Gasparri e Antonio Tajani avevano ribadito il loro no ad un prelievo sulle banche. La famiglia Berlusconi, azionista al 30% di banca Mediolanum, non gradisce l’ipotesi. Quindi dal partito si guarda ai colossi del web, ipotesi tecnicamente ardua da realizzare. Aziende come Albhabet (Google), Microsoft (ricevuta da poco a palazzo Chigi), etc, hanno molta facilità nello spostare i loro ingenti profitti in giurisdizioni segrete. Senza un’azione coordinata a livello internazionale, un singolo paese può relativamente poco. “Sì, le tasse vanno ridotte” dichiara oggi Tajani. Come? La solita litania: tagliando la spesa pubblica, privatizzando e con “la tassa sui giganti del web”.
“Il governo Meloni non intende in alcun modo aumentare le tasse al contrario, l’esecutivo è al lavoro per diminuire il carico fiscale fin dal suo insediamento”, argomenta in un’intervista al QN la sottosegretaria all’Economia Lucia Albano, di Fratelli d’Italia aggiungendo però che “il governo si è posto il problema di intervenire su alcune storture del nostro sistema fiscale che consentono legalmente ad alcune imprese di particolari settori di pagare meno di altre, anche in virtù di meccanismi contabili”. Insomma il governo, per quanto Albano dica il contrario, valuta la possibilità di aumentare le tasse e, pure lei, mette nel mirino le aziende tecnologiche: “Sul tema delle multinazionali del web siamo già intervenuti con la global minimum tax e la Pillar 2 ma non escludiamo altri interventi“.
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