L’Italia fa progressi nel campo dell’istruzione, con un aumento della percentuale di diplomati tra i 25 e i 64 anni (65,5% nel 2023) e una crescita della quota di laureati, in particolare nella fascia 25-34 anni.
Si registra inoltre una diminuzione degli abbandoni scolastici e dei NEET, i giovani che non studiano e non lavorano. Anche la percentuale di studenti che completano il percorso universitario è in aumento, passando dal 54,5% al 65%. I dati positivi emergono dalla Relazione del Cnel sui servizi pubblici, che tuttavia evidenzia anche alcune criticità .
Nonostante i miglioramenti, l’Italia investe meno in istruzione rispetto alla media europea. La spesa per la scuola si attesta al 3,2% del PIL, contro il 3,9% della media UE. Anche a livello universitario, gli investimenti sono inferiori sia alla media OCSE (1% contro 1,5%) che a quella UE25 (1,3%).
Un altro punto debole riguarda la frequenza dei servizi educativi per la prima infanzia: nel 2021, solo il 33,4% dei bambini tra 0 e 2 anni frequentava asili nido o strutture simili, contro una media europea del 37,9%. Da notare le performance di Paesi Bassi (74,2%) e Francia (50%).
In Italia, solo il 51% dei diplomati si iscrive all’università e, tra questi, appena il 53% si laurea entro i tempi previsti, contro una media OCSE del 68%. La Relazione del Cnel mette in luce anche le forti disparità territoriali. La percentuale di diplomati varia dal 54,9% della Sicilia al 75,3% di Trento, mentre il tasso di passaggio dalla scuola secondaria all’università oscilla tra il 39,8% della Campania e il 59,4% del Molise. L’abbandono scolastico precoce si attesta al 10,5% a livello nazionale, con un minimo del 5,6% in Umbria e un massimo del 17,3% in Sardegna.
La Relazione sottolinea che, nonostante le criticità e i divari con altri Paesi, l’Italia sembra aver imboccato la strada giusta per il miglioramento del sistema educativo. Tuttavia, il Cnel evidenzia anche le difficoltà delle Regioni nel raggiungere gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030, con scarse differenze tra Nord e Sud. Il Mezzogiorno, in particolare, presenta una situazione paradossale: a costi più elevati corrispondono spesso livelli di servizio inferiori, soprattutto nei settori della gestione del territorio, dei rifiuti e degli asili nido.
Al Sud, gli investimenti in servizi sociali sono inferiori rispetto al resto del Paese, nonostante un tasso di deprivazione socio-economica più elevato. Anche la copertura degli asili nido è nettamente inferiore alla media nazionale.
Servizi pubblici, al Sud più costosi e meno efficienti, il CNEL fotografa il divario con il Nord su asilo nido e istruzione
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