Lo storico gestore del rifugio più alto delle Dolomiti ha annunciato che questa è stata la sua ultima stagione: «Sette anni a 3mila metri mi hanno cambiato. Gli hater? dicono che ho speculato sulla tragedia della Marmolada: folle»
Giovedì 10 ottobre Carlo Budel, storico rifugista di Capanna Punta Penìa, ha vissuto una disavventura a lieto fine che ha però generato in lui riflessioni profonde. Con un post sui social, la «Sentinella delle Dolomiti» ha condiviso un episodio che ha preoccupato la sua vasta schiera di follower. «Stavo andando a funghi, stavo parcheggiando e per poco la macchina non è finita nella scarpata. Ci sono volute cinque ore con trattori e verricello per tirarla su», raccontava Budel su Facebook mostrando una foto dell’auto in bilico lungo il ciglio di una strada nel Bellunese, poi recuperata «grazie ai fratelli Roni e a Sergio». Ma il vero tema del post non era il rischio corso, bensì la sua reazione: «Una volta mi sarei preoccupato tantissimo: oddio, la macchina, come farò ad andare a lavorare… Oggi, invece, non mi interessava. Ridevo come se nulla fosse accaduto».
L’incidente in macchina
In un video successivo, Budel cercava di chiarire i suoi pensieri: «È difficile da spiegare, ma credo di aver raggiunto un punto in cui non mi interessa più nulla, nel senso positivo. Anche quando accadono cose spiacevoli mi sento bene. È come se non ci fosse nulla che possa togliermi la serenità. Ma attenzione: non si tratta di andare in giro a rischiare. Il rispetto per gli altri è fondamentale». La sua riflessione era chiara: «Stavo andando a funghi e sono quasi finito di sotto. Mi chiedo: si può arrivare a prendere la vita così leggera?».
«La montagna mi ha cambiato»
Raggiunto al telefono, Budel conferma l’accaduto. «La macchina è scivolata, ma si è fermata subito. Ho chiamato i miei amici boscaioli che sono venuti a tirarla fuori e non mi sono preoccupato perché è una Grande Punto di 15 anni: se fosse andata peggio, l’avrei cambiata con una pandina 4×4. La fortuna è che non sono rotolato giù anch’io». Ma la vera riflessione è un’altra: «Una volta mi sarei disperato, oggi invece ho riso. Ho pensato: la macchina non vale nulla, se va male la cambio. Ho imparato a prendere la vita con più filosofia». Una nuova serenità, spiega, che gli deriva dai sette anni passati in Marmolada, spesso in solitudine e in condizioni proibitive a 3.343 metri. «Questi anni mi hanno insegnato che le cose materiali non contano; l’importanza va data ad altro. La montagna ti insegna a stare bene con te stesso, a prendere la vita come viene. Se giovedì mi fossi preoccupato, cosa sarebbe cambiato? L’unico fastidio è stato per i miei amici che sono venuti ad aiutarmi, poveretti. Ma mi rifarò, andrò io a dare loro una mano». Budel si interroga su quanto sia cambiato negli anni: «Mi vedo diverso. Sarà l’età, ma oggi sono più distaccato da ciò che succede, soprattutto da ciò che la gente dice e pensa di me. Sui social ne hanno dette di tutti i colori: che sono stato licenziato da Capanna Punta Penìa, quando in realtà il proprietario, Aurelio, è uno dei miei migliori amici. O che ho speculato sulla tragedia della Marmolada e che sapevo che il ghiacciaio sarebbe crollato; come se fossi un geologo o un glaciologo! Sono cose talmente folli che non vale la pena rispondere».
I parenti delle vittime
La tragedia è una ferita sempre aperta: «Tra due settimane parteciperò a Padova a una serata organizzata la dalla zia di una delle vittime. Ci saranno tutti i parenti, sono sempre in contatto con le famiglie di chi ha perso la vita il 3 luglio 2022 e per due anni di fila ho fatto dire la messa per ricordarli. Chi diffonde queste infamità non sa neanche di cosa parla, ma la gente inventa qualsiasi cosa pur di ottenere qualche like».
Il futuro di Capanna Punta Penìa
Riguardo al futuro di Capanna Punta Penìa, Budel è cauto: «Chi prenderà il mio posto? Vedremo. Tante persone si sono proposte ma dirlo è una cosa, farlo un’altra. Aurelio cerca qualcuno affidabile, che non molli alle prime difficoltà. Tanti sono affascinati dall’idea, ma non sanno cosa li aspetta: temporali, tormente di neve, solitudine. Ci vuole qualcuno con le spalle larghe. C’è un ragazzo molto in gamba: è uno forte, che va in montagna ed è già venuto su d’estate a darmi una mano, a far dei lavori. Sarebbe il mio erede ideale, ma non facciamo ancora nomi».
Il bed & breakfast
Da quando è sceso dalla montagna, Budel ha ridotto l’uso dei social ma la sua popolarità virtuale non ne è stata scalfita. «Sto usando meno i social perché in Marmolada ho perso parecchi chili e muscolatura: ora vado sempre a camminare, mi alleno e il telefono non me lo porto dietro perché voglio staccare. I follower, però, mi vogliono bene e mi scrivono tante belle cose: ho raggiunto 14 milioni di visualizzazioni al mese. Gli haters? Saranno l’uno per cento e non mi interessano più: ora voglio dedicarmi alla casa che ho comprato a Roncoi, nel Parco delle Dolomiti Bellunesi. Ho dei lavori da fare e spero di aprire presto il mio bed & breakfast in questo posto che adoro».
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