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Superbonus e crediti fiscali: solo un alibi sul disastro dei conti pubblici #finsubito prestito immediato


Il governo di centrodestra non sa come far quadrare i conti per
rispettare l’assurdo Patto di Stabilità firmato a
dicembre 2023, e adesso torna alla carica con il refrain dello
sfascio dei conti pubblici creato dai crediti
fiscali trasferibili nell’edilizia, di cui il
Superbonus rappresenta l’applicazione più
importante.

Superbonus e cessione del credito: no a informazioni parziali e
distorte

Basti pensare che in riferimento a uno studio della CGIA
di Mestre
, i messaggi diffusi su tutti i mezzi di
informazione sono stati su questo tono: “spesi 123 miliardi di
euro per rendere più efficienti circa il 5% delle abitazioni”;

“soldi buttati dalla finestra che hanno provocato un buco
colossale nei conti pubblici”
; “la manovra del 2024 dovrà
risanare il disastro dei conti pubblici”.

Sicuramente occorre fare alcune precisazioni per evitare la
possibile diffusione di informazioni parziali e distorte.

Diminuzione del rapporto debito /Pil

In Italia il rapporto debito/Pil nel periodo 2020 – 2023 è
crollato di quasi 20 punti dal 154,1% del 2020 al 134,6% del 2023.
Si tratta di una diminuzione impressionante che non ha riscontro in
altri paesi europei. In Francia il rapporto debito/Pil si è ridotto
solo di 4,3 punti percentuali dal 2020 (114,9%) al 2023 (110,6%)
nonostante l’inflazione cumulata nel periodo in questione sia stata
del 12-13%, contro il 15-16 % dell’Italia.

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Provvedimenti “riparatori” poco tempestivi

Spesso non si tiene in considerazione che l’esplosione delle
emissioni dei crediti fiscali trasferibili
nell’edilizia
si è verificata a partire dal 2021 con il
governo Draghi ed è proseguita nel 2023 con il governo Meloni. Se
ci fosse stata un’ostilità da parte di Draghi e Meloni nei
confronti dei crediti fiscali trasferibili non si capisce perché
non abbiano messo un tetto alle emissioni annuali, né perché
l’incentivo del 110% non sia stato abbassato già dal 2021 per
portarlo al di sotto del 100%, differenziandolo per fasce di
reddito/aree residenziali.

Rimane altrettanto inspiegabile l’immediato mancato
potenziamento ai controlli dell’Agenzia delle Entrate sui lavori e
sugli immobili prima di assegnare i crediti fiscali a chi ne faceva
richiesta. Era questa la strada maestra per contrastare le truffe
sui crediti fiscali, insieme alla costituzione di un albo delle
imprese edilizie finalizzato a verificarne l’affidabilità e la
solidità patrimoniale.

La pagabilità dei crediti fiscali e il rapporto
deficit/PIL

Altro fatto di cui non si parla è il crollo, in pochi mesi
dell’altissimo rapporto deficit/Pil del 2023, passato dal 7,2%, al
3,4%. Si tratta di un fenomeno apparentemente inspiegabile che
avrebbe richiesto una correzione pesantissima dei conti pubblici,
come sta succedendo in Francia con il governo Barnier che ha
annunciato una manovra da 60 miliardi di euro composta da 20
miliardi di nuove tasse e 40 miliardi di tagli alla spesa
pubblica.

Ciò non è stato necessario in Italia per un semplice motivo: nel
deficit del 2023 sono stati scaricati oltre 80 miliardi di euro di
crediti fiscali del superbonus falsamente classificati come
pagabili, sebbene non diano il diritto al rimborso cash per la
parte che non viene portata in compensazione. L’impennata del
rapporto deficit/Pil ha fatto scattare una procedura di infrazione
che in sostanza è stata autoinflitta perché se i crediti fiscali
del superbonus fossero stati classificati correttamente come non
pagabili, il rapporto deficit/Pil sarebbe stato pari al 3,7%.

La mancata strutturazione dei crediti come moneta fiscale

Il governo Draghi, invece di apportare le adeguate correzioni
alla prima applicazione di crediti fiscali nell’edilizia, ha
cercato di bloccarne la circolazione facendo impennare lo sconto
finanziario e quindi riducendo l’afflusso di euro nell’economia con
effetti molto negativi sul moltiplicatore della spesa nelle
ristrutturazioni. Era necessario rendere strutturale la cessione
del credito per evitare una corsa agli incentivi in modo da
scongiurare l’impennata dei prezzi dei lavori e dei materiali,
favorendo invece la circolazione e la monetizzazione dei crediti
fiscali.

L’impatto dei crediti sul mercato delle rinnovabili

Dovrà essere stimato l’impatto dei crediti fiscali
sull’installazione di impianti fotovoltaici accanto alle
ristrutturazioni edilizie. A livello aggregato è interessante
segnalare che la potenza fotovoltaica installata è passata da
22.500 MW del 2021 a 30.300 MW nel 2023: un incremento del 35% che
ricade nel periodo in cui erano in vigore i crediti fiscali
trasferibili nell’edilizia.

Bonus edilizi e crediti fiscali: le soluzioni per finanziare
l’economia

In questo quadro bisognerebbe ripensare ai crediti fiscali
trasferibili, uno strumento molto potente per finanziare l’economia
ma purtroppo gestito non in maniera adeguata, nel triennio
2021-2023, dai governi che si sono succeduti.

Ci sono due linee d’azione che potrebbero essere perseguite a
costo zero:

  • la prima è quella di rendere trasferibili i crediti
    d’imposta previsti per il piano Industria 5.0
    . In questo
    modo le imprese potrebbero disporre di liquidità immediata
    sfruttando lo sconto in fattura e monetizzando i crediti, mentre
    per lo Stato l’impatto sul bilancio pubblico non cambierebbe: le
    minori entrate si avranno quando gli sconti fiscali saranno
    esercitati per pagare meno tasse;
  • la seconda è quella di favorire la circolazione e la
    monetizzazione dei crediti fiscali
    fin qui emessi nel
    settore edilizio, che sono bloccati nei cassetti fiscali dei
    committenti e delle imprese e che stanno provocando crisi di
    liquidità, blocco dei cantieri, fallimenti e cassa
    integrazione.

Il compito del governo dovrebbe essere quello di ripristinare la
fiducia su questo strumento garantendo un mercato di scambio fluido
ed efficiente, con degli acquirenti sicuri come la Cassa Depositi e
Prestiti e le imprese partecipate dallo Stato (ENI, ENEL, ecc.) che
pagano decine di miliardi di euro di tasse e contributi ogni
anno.

Il nuovo Patto di Stabilità costringerà la maggior parte degli
stati europei a perseguire una politica di austerità, impedendo
qualsiasi capacità di manovra sul piano fiscale, mentre gli
obiettivi europei sull’efficienza energetica del patrimonio
edilizio e sulle fonti rinnovabili richiedono enormi risorse
finanziarie di cui non si vede l’ombra.

I crediti fiscali trasferibili possono rappresentare una
soluzione per finanziare l’economia, senza chiedere soldi in
prestito sui mercati finanziari, e per spingere sulla transizione
ecologica. Si tratta dell’unico strumento sfruttabile, considerando
che il PNRR non ha ancora prodotto una spinta consistente e che il
Paese non è stato in grado di spendere i soldi europei in modo
rapido ed efficiente. Risorse che configurano pur sempre un debito
e che la parte più consistente dei fondi finora spesi – circa 30
miliardi di euro su 50 – sono legati ai crediti d’imposta per
l’industria e per l’edilizia, quindi alle decisioni d’investimento
delle imprese.





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