Un sit-in per richiamare l’attenzione sulla crisi del settore automotive e per chiedere “soluzioni incisive” in grado di arginare “una crisi che rischia di trasformarsi in vera e propria bomba sociale”. Per la giornata del 18 ottobre, in occasione dello sciopero nazionale dei lavoratori del gruppo Stellantis e di tutto il settore automotive, le segreterie provinciali e regionali della Puglia di Fismic/Confsal e UglM hanno proclamato uno stato di agitazione di otto ore, esteso anche ai dipendenti delle aziende dell’indotto, annunciando un sit-in che si terrà a Bari, davanti al Palazzo della Città metropolitana, sul lungomare Nazario Sauro, dalle 10 alle 12.30.Â
Le rispettive segreterie generali hanno scelto – viene spiegato in una nota – di organizzare presìdi nelle otto città dove sono presenti i principali siti produttivi del settore. Bari è tra queste, con gli stabilimenti di Bosch, Magna PT, Marelli, Masmec Graziano Trasmissioni e Skf industrie (per citare solo i principali) localizzati nell’area industriale del comune di Modugno.
Le sigle sindacali “ritengono che i lavoratori del comparto automotive e della componentistica siano già stati pesantemente colpiti dalla transizione verso la mobilità sostenibile”, sollecitando misure urgenti che possano scongiurare l’aggravarsi della crisi.Â
“In Puglia – ricordano i sindacati – sono in piedi 20 vertenze sindacali che riguardano il comparto e sono legate a doppio filo alla transizione energetica e alla decarbonizzazione, con licenziamenti collettivi già avviati che coinvolgono oltre 2mila lavoratori. Nella sola provincia di Bari l’automotive e il suo indotto occupano 8mila lavoratori, che potrebbero avere pesanti ricadute occupazionali a causa di una politica industriale poco chiara da parte dell’Europa e del Governo italiano. Si parla di posticipare il famoso green deal oltre il 2035, ma pochi sono gli interventi strategici per governare un processo, al momento lasciato alla deriva delle dinamiche del mercato”. Di qui, la richiesta, rivolta all’Europa, di “una transizione ecologica più equilibrata, misure contro il dumping dei prodotti cinesi e incentivi che favoriscano l’accesso ai veicoli tecnologicamente avanzati per le fasce sociali meno abbienti. Oltre alla possibilità di rivedere le scadenze della transizione energetica, occorre adottare un approccio personalizzato per le esigenze specifiche del settore automotive italiano. Per esempio, si potrebbero potenziare i fondi per la transizione e fornire agevolazioni fiscali alle aziende che investono in tecnologie verdi”. Al Governo italiano, infine, le sigle “chiedono soluzioni per proteggere i lavoratori, rafforzando gli ammortizzatori sociali ed eliminando, tanto per cominciare, la tassa del 20% sulla cassa integrazione. Il sostegno alla transizione green passa necessariamente da un incremento del piano di investimenti, che spinga la produzione nazionale con l’obiettivo di raggiungere la quota produttiva di 1milione di veicoli all’anno”.
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