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recupero con la gestione ai privati #finsubito prestito immediato


A Napoli, secondo il più recente censimento, nel solo Centro Storico, all’interno del perimetro tutelato dall’Unesco, esistono 203 chiese, delle quali solo 79 sono normalmente aperte e destinate al culto o ad attività pastorali. 113 chiese appartengono ad enti diversi dalla Curia: si va dal Comune di Napoli al Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno a singoli proprietari privati. In totale sono 75 le chiese in totale abbandono, mentre per altre 49 il destino è cambiato, sono state trasformate in depositi, garage, negozi.

Come si fa a riportare in vita un patrimonio antico, colmo di arte e storia e in completo abbandono? Nel corso degli anni da parte della Curia ci sono stati diversi tentativi per recuperare i beni malridotti. Nel 2010 il cardinale Sepe lanciò un appello ai privati affinché contribuissero al recupero, ma le risposte furono pochine. Un paio di anni fa l’attuale vescovo Battaglia affrontò la questione con il suo consueto piglio dinamico: «C’è un patrimonio immenso nella Chiesa di Napoli. Bene, è arrivato il momento di far fruttificare questo patrimonio attraverso l’imprenditoria giovanile, un’imprenditoria che diventi generativa e che crei lavoro e doni lavoro alle nuove generazioni – disse – è ora di girare pagina, ora tocca a voi. Davvero. E nella commissione di studio voglio che ci sia anche un giovane del Progetto Policoro perché possiamo dare concretezza e si cominci a lavorare. Non possiamo più perdere tempo». 

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Il Progetto Policoro è una iniziativa della Cei, nata con l’intento di fornire una risposta reale ai problemi della disoccupazione. Il progetto, si chiarisce nelle note ufficiali: «Sostenere iniziative di formazione a una nuova cultura del lavoro, promuovendo e sostenendo l’imprenditorialità giovanile in un’ottica di sussidiarietà, solidarietà e legalità, secondo i principi della Dottrina Sociale della Chiesa».

Il Progetto Policoro prevede il riconoscimento di “gesti concreti” ai giovani che si sono impegnati per la rinascita e la creazione di posti di lavoro. A Napoli sono due i “gesti concreti” per adesso: la “Locanda di Emmaus”, associazione fondata da un sacerdote per accogliere i più piccini, e “Respiriamo Arte”, l’associazione che ha riportato in vita la chiesa di Santa Luciella.

“Respiriamo Arte” è composta da tre giovani, Angela Rogliani, Simona Trudi e Massimo Faella che si riunirono una decina di anni fa dopo aver letto sul nostro giornale la vicenda disperata della chiesetta di Santa Luciella in abbandono che, tra l’altro, custodiva un singolare “teschio con le orecchie”. I ragazzi si misero all’opera, riuscirono a d ottenere la concessione della chiesa, furono in grado di trovare sostenitori per i primi lavori di restauro e, dal 2019, hanno riaperto il sito che oggi è diventato uno dei luoghi turistici più visitati di Napoli e offre lavoro ad altri sette giovani oltre ai fondatori.

In realtà il primo esempio di recupero risale a qualche anno prima. Si tratta della basilica della Pietrasanta che era rimasta chiusa per decenni e trasformata prima in un deposito di bare, poi in una pista per motocross con i motori che rombavano nella navata, sopra i banchi dei fedeli e gli stucchi crollati al suolo. Oggi, grazie all’impegno di un gruppo di imprenditori guidato da Raffaele Iovine, quella chiesa è diventata un luogo d’arte e convegni e, nel sottosuolo, offre anche un percorso tra i cunicoli dell’antico acquedotto napoletano.

Altre realtà si vanno concretizzando, come il recupero della chiesa della Santissima Trinità ai Decumani pronta a diventare museo di tipografia grazie a crowdfunding lanciato da Carmine Cervone, tipografo-sognatore: la chiesetta dovrebbe riaprire entro Natale, dopo trent’anni di abbandono.

Resta un punto interrogativo per il sacro ritiro della Scorziata, nel cuore del Centro Storico, a via Cinquesanti, all’incrocio con piazza San Gaetano. Da decenni il Comune, proprietario della struttura, annuncia un recupero. Da qualche anno chiesa e convento sono anche avvolti da tubi innocenti ma i lavori avanzano con esasperante lentezza e, per adesso, rappresentano solo un infinito disagio per residenti e turisti. 

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All’interno della chiesa, dopo il cedimento del soffitto, venne individuata una botola che conduceva alla terrasanta. L’esplorazione di quel luogo rivelò la presenza di un antichissimo affresco la cui presenza venne rivelata proprio dal Mattino. Nessuno studio è stato effettuato su quell’affresco che avrebbe potuto rivelare dettagli particolarmente interessanti. Nel corso degli anni si è profondamente degradato, la speranza, oggi, è che i lavori di recupero comprendano anche la riscoperta di quell’opera sconosciuta.





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