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Romano (Siulp) : «Il reato di blocco stradale limita il diritto di manifestare» #finsubito prestito immediato


È un poliziotto, è il segretario nazionale del Siulp, il più rappresentativo dei sindacati di polizia: 27 mila iscritti tra i 95 mila agenti italiani. Ma sul ddl Sicurezza che in questi giorni sta passando il vaglio del Senato, dopo l’ok ricevuto alla Camera, Felice Romano ha un’idea non convenzionale: «Trasformare in reato penale il blocco di una strada è qualcosa di sproporzionato e improprio».

È l’unica norma, tra i 13 nuovi reati e le 9 aggravanti del pacchetto governativo, che non le piace?

Abbiamo già detto che è un primo passo per la tutela degli operatori di polizia. Ma siamo contrari alla norma sul blocco stradale contro la quale abbiamo manifestato insieme alla Cisl perché la pena è eccessiva rispetto a quelli che possono essere i protagonisti di questo tipo di azioni. Penso ai ragazzi, all’università, agli studenti che magari litigano con il Rettore e fanno una manifestazione spontanea davanti alla Sapienza. E che facciamo, gli diamo due anni perché hanno bloccato una strada, come fossero rapinatori? È una norma che limita il diritto di manifestazione.

L’inasprimento delle pene per chi occupa «un immobile destinato a domicilio altrui» le sembra invece adeguato?

Beh, lì siamo in un campo delicato perché in quel caso si vuole proteggere chi è più debole. Magari la vecchietta che va in ospedale e trova la sua casa occupata.

Dove bisognerebbe davvero mettere mano per aumentare la sicurezza, secondo lei?

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Per sicurezza si deve intendere quella sociale. Il nostro ministero dovrebbe cambiare nome: non ministero dell’Interno ma ministero dei Diritti, perché a noi è affidata la custodia e la garanzia della fruibilità di tutti i diritti che la nostra straordinaria Carta costituzionale garantisce ad ogni cittadino italiano o ad ogni cittadino che si trova sul territorio nazionale. È per questo che il Siulp ha lanciato la campagna contro le aggressioni alle Helping Professional, non solo poliziotti. Perché, oltre agli agenti che subiscono in media un’aggressione ogni 3 ore, ci sono tutti quei professionisti che lavorano per aiutare gli altri e mettono a repentaglio la propria incolumità.

Per questo avete voluto le bodycam. Il provvedimento però non specifica quando vanno accese e chi lo decide. Come pensa che verranno usate, di fatto?

Ci sarà sicuramente un disciplinare che, così come già avviene per quelle usate nei servizi di ordine pubblico, dirà quando e come utilizzarle. Secondo me, la bodycam dovrebbe entrare in funzione ogni volta che una pattuglia interviene. Perché l’immagine che raccoglie è un elemento oggettivo di come l’operatore ha fatto l’intervento. Il problema, mi sembra di ricordare da quelle già in funzione, è che le bodycam non hanno un’autonomia di 24 ore. Quindi bisogna attivarle solo quando servono. Poi c’è anche un problema di privacy dell’operatore, però, perché nessuno può spiare il lavoratore sul posto di lavoro se non ci sono motivi validi, ed eventualmente bisogna avere l’autorizzazione dell’ispettorato del lavoro e l’intesa col sindacato, nel senso che i lavoratori devono essere informati.

Il ddl, intervenendo sulla disciplina che riguarda il porto d’armi, prevede che gli agenti possano portare con sé, quando non sono in servizio, fuori dalla propria abitazione e senza alcuna autorizzazione, armi diverse da quelle in dotazione. Qual è la ratio di questa norma?

Intanto questa norma non è una novità: tutti gli ufficiali di Ps, tutti i magistrati, i vice prefetti e i prefetti, tutti gli ispettori provinciali, pure delle acque, per legge possono acquistare un’arma senza il preventivo rilascio del porto d’armi. Ma chi opera nei servizi investigativi, contro la criminalità organizzata, l’eversione o nel controllo del territorio sono i più esposti alle aggressioni, e hanno in dotazione un’arma ingombrante e vistosa come la Beretta, non adatta ad essere portata fuori servizio. Ecco la ratio della norma, anche se il Siulp non l’aveva chiesta. Anzi, faccio presente che gli agenti hanno già il problema di gestire l’arma di ordinanza, che va smontata in almeno tre parti quando la si lascia in casa.

Ma non vede un rischio nella proliferazione di armi?

Questa è pura ideologia: ci sono almeno 4000 persone che portano un’arma senza averne dimestichezza e senza porto d’armi, e voi vi preoccupate di chi tutti i giorni lavora con la pistola? È come è come se ci preoccupassimo perché il medico gira con la morfina.

Il reato di tortura è ancora un boccone amaro mal digerito dalle forze di polizia?

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Assolutamente no. La norma, così com’è, è stata accettata dai poliziotti. Il malcontento, se c’è, è relegato ad una piccola fascia di operatori.



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