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“I singoli Paesi europei sono semplicemente troppo piccoli per affrontare le sfide” poste dall’attuale contesto internazionale. A dirlo è l’ex presidente della Bce Mario Draghi, presentando nella sede del think tank Bruegel, a Bruxelles, il suo rapporto sul futuro della competitività europea.
“In molti settori – ha affermato – serve dimensione e questo si ottiene solo se ci integriamo. Allora avremo i soldi, ma la prima cosa per le imprese medio piccole è essere in grado di crescere”. Per Draghi infatti la crescita rappresenta “la prima difesa”: necessaria è “l’innovazione, non i sussidi”.
Sempre sul tema del coordinamento al livello europeo, l’ex premier ha aggiunto: “L’alternativa ad avere una strategia industriale europea non è, come pensano alcuni, non avere alcuna strategia industriale. Quello che vediamo oggi – continua – significa lasciare ad ogni Stato membro decidere quali tecnologie sono strategiche, significa sacrificare la concorrenza”.
Le decisioni strategiche, spiega, vengono prese “per lo più a livello nazionale, distorcendo l’allocazione delle risorse in Europa”. “E questo significa anche risultati scadenti”, come dimostrano “alcuni recenti fallimenti di progetti nazionali di alto profilo. Capiamoci: voglio che l’Europa resti aperta, voglio parità di condizioni. Dobbiamo essere ambiziosi e puntare sull’innovazione”, chiosa.
Guardando ancora al contesto internazionale, Draghi ha sottolineato quanto sia importante non chiudersi nel protezionismo rispetto agli Stati Uniti: “Ci danneggeremmo” . La stima contenuta nel rapporto sulla competitività dell’Ue riguarda investimenti aggiuntivi nell’ordine di 750-800 mld di euro all’anno, per accorciare il divario rispetto a Usa e Cina. Draghi ha specificato che questa valutazione viene da “un calcolo effettuato indipendentemente dalla Commissione Europea e dalla Banca Centrale Europea”, è pari a circa il “5% del Pil europeo” ed è “relativamente conservativa”. Inoltre, “non include il clima e la protezione dell’ambiente, che sfortunatamente vediamo essere sempre più necessarie, non include gli investimenti nell’educazione, nelle competenze, nella formazione, che pure saranno necessari”.
Draghi aggiunge che “molte delle cose” contenute nel rapporto “verranno fatte comunque”, perché “non si può dire di no” a bisogni basilari come, per esempio, l’autodifesa.
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