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Vendita di sole auto a zero emissioni al 2035: l’Ue non cambi idea – #finsubito prestito personale immediato – Richiedi informazioni


50 manager della filiera automotive, del settore delle tecnologie pulite, dei trasporti e dell’energia ritengono l’obiettivo praticabile e necessario: l’Unione europea non ridiscuta gli obiettivi al 2035. E anche mettere dazi alle auto cinesi è un clamoroso autogol

Le emissioni inquinanti di auto e furgoni pesano per oltre il 13% delle emissioni totali dell’Unione europea ma, dato più preoccupante, le emissioni di CO2 delle automobili sono aumentate del 6% tra il 2000 e il 2019.

Mantenere il punto sugli obiettivi di sola vendita di auto e furgoni a zero emissioni al 2035 è fondamentale per la stabilità del settore e per perseguire la strategia indicata, senza indugi e senza rimettere in discussione investimenti e cambiamenti che le industrie stanno già perseguendo.

Tutti i firmatari affermano infatti di essere fortemente impegnati nell’obiettivo di neutralità climatica dell’Ue per il 2050 e sottolineano che molti di loro hanno investito ingenti risorse per conseguirlo.

La forte indicazione arriva da amministratori delegati e dirigenti di 50 aziende europee che hanno chiesto pubblicamente all’Ue di non ridiscutere la roadmap al 2035: “L’obiettivo del 2035 fornisce una direzione chiara che consentirà a noi imprese, insieme a tutte le altre parti interessate, di concentrarci sul cambiamento necessario” affermano in una nota congiunta le imprese – tra le quali ci sono, tra le altre, Volvo Cars, Uber, la società di leasing Ayvens, i produttori di veicoli elettrici Polestar e Rivian, Maersk, Metro e Tesco e Ingka, il più grande franchisee di Ikea.

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Piuttosto che ridiscutere una legislazione già approvata, le aziende ritengono che gli sforzi dovrebbero concentrarsi sull’attuazione di una politica industriale mirata e sostegno agli investimenti per una supply chain europea sostenibile delle batterie, diffusione delle infrastrutture di ricarica e crescita dell’energia rinnovabile, decarbonizzazione delle flotte aziendali e riqualificazione dei lavoratori per la transizione elettrica.

Per salvare la produzione europea di auto elettriche è essenziale mantenere gli obiettivi di decarbonizzazione

Se si vuole far crescere l’industria automobilistica europea, il mantenimento degli obiettivi di decarbonizzazione è fondamentale. Il mondo – Cina soprattutto – ha scelto la direzione del futuro della mobilità e non è certo legata alle fonti fossili. Agire soltanto sui dazi otterrebbe un effetto negativo sull’industria europea.

Spiega Andrea Boraschi, direttore dell’ufficio italiano di T&E: “Tariffe più alte sull’import dalla Cina hanno senso in combinazione con gli obiettivi climatici previsti per auto e van. Sono le due facce di una medesima politica industriale, che deve accompagnare l’ingresso sul mercato di un maggior numero di Bev europee.

Se l’Ue ritardasse o indebolisse gli obiettivi di riduzione della CO2 fissati per il 2025, invece, ostacolando al contempo l’arrivo di auto elettriche a prezzi competitivi dalla Cina, gli effetti sarebbero estremamente negativi per la decarbonizzazione dei trasporti“.

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Immagine T&E

Coniugare un aumento delle tariffe sull’import con la conferma dei target di riduzione delle emissioni – si legge nel forecast di Transport & Environment – permetterebbe di sostenere i produttori di auto europei, già pronti a lanciare una gamma di veicoli elettrici più convenienti, tra la fine di quest’anno e il 2025.

Secondo T&E, “nel 2024 le full electric prodotte in Cina – tra cui anche quelle di Tesla, Bmw e Volvo – sono destinate a raggiungere un quarto del mercato europeo delle Bev“.

Ma questa quota dovrebbe scendere al 20% nel 2025 e al 18% l’anno successivo, secondo le analisi dell’organizzazione ambientalista, a patto che vengano pienamente applicati sia i dazi sui veicoli elettrici prodotti in Cina, sia le norme Ue sulle emissioni previste per il 2025.

Inoltre, l’Unione europea ha bisogno di far crescere la propria produzione di batterie: l’industria europea, in questo settore, ha subito una battuta d’arresto a causa della competizione globale e delle batterie cinesi a basso costo.

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Secondo le stime di T&E, se non saranno implementate politiche di supporto, il 59% della produzione di batterie prevista per l’Europa è a rischio di non vedere la luce. La cancellazione di questi progetti comporterebbe una perdita di miliardi di investimenti e di quasi 100.000 potenziali posti di lavoro.





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