Quanti siano in realtà i rifiuti elettrici ed elettronici non lo sa nessuno. «La quantità che esce dalle nostre case è ancora superiore. La Svizzera, per esempio, gestisce 14 chilogrammi pro capite all’anno». E anche se possiamo immaginare che la Svizzera abbia un consumo più alto del nostro, è difficile immaginare che sia più del doppio… «Dove finiscano i RAEE che non vengono gestiti dai consorzi autorizzati è impossibile saperlo. È un buco nero. Nel migliore dei casi, si fa per dire, vanno nell’indifferenziata. Nel peggiore vengono spediti in Africa, in India…».
Ma non è l’unico problema. «C’è un problema di natura economica», prosegue Arienti. «Parliamo tanto di economia circolare. Che significa cercare di recuperare tutti i materiali contenuti in queste apparecchiature». In particolare, le materie prime critiche, una trentina secondo l’Unione Europea, che spesso vengono estratte in paesi politicamente instabili, come accade con il cobalto nella Repubblica Democratica del Congo, in condizioni di lavoro disumane e con conseguenze devastanti a livello ambientale. «Se un RAEE finisce dal rottamaio, non c’è nessun interesse a recuperare le materie prime critiche. Prendiamo una lavatrice. Si compatta la lavatrice con una pressa e la si manda direttamente in acciaieria. È un trattamento molto superficiale».
Questo dettaglio fa emergere uno dei principali problemi di gestione dei RAEE. «La raccolta è fatta da enti locali e negozianti. Poi ci sono due possibilità: darli ai consorzi, e sono le 360.000 tonnellate di cui abbiamo parlato, per avviarli a una filiera tracciata e solida; oppure venderli a chiunque abbia autorizzazione al trattamento, e parliamo di altrettanti rifiuti, se non di più. Il guaio è che il mercato libero non è detto che faccia trattamento RAEE, anzi. Si fanno offerte al ribasso inarrivabili, con costi di trattamento tendenti a zero». E di lì non è più possibile fare il tracciamento dei rifiuti. «Prendiamo i grandi bianchi, lavatrici, lavastoviglie, forni… Hanno un mercato di sostituzione del 90 per cento. Ci si aspetterebbe che il 90 per cento del venduto torni a essere RAEE. E invece nel 2023, su 250.000 tonnellate di venduto, ai consorzi ne sono arrivate 120.000. Che fine hanno fatto le altre 100.000? A un peso medio di 50 chilogrammi per apparecchio, fanno due milioni di pezzi». Scomparsi. E lo stesso vale per i frigoriferi, di cui si stima la perdita di un altro milione di pezzi. Fanno tre milioni di elettrodomestici «usciti dalle nostre case e spariti senza lasciare traccia».
Da una parte, sicuramente, c’è un problema di educazione dei cittadini, che spesso ignorano l’importanza di un corretto conferimento, ed è per questo che è nata l’idea di Materia Viva Experience, per immergerci nella realtà dei RAEE, nella loro complessità, nell’importanza di smaltirli con responsabilità. Dall’altra parte, sostiene Arienti, non si può chiedere al cittadino di correre una corsa a ostacoli. «Se l’isola ecologica non c’è, se il negoziante fa finta di non avere l’obbligo di ritirare, o lo fa passare come un gentile omaggio… La raccolta bisogna renderla possibile, e non è sempre scontato. Per esempio, molti operatori on line non ritirano l’usato, perché dovrebbero disporre di automezzi autorizzati al trasporto rifiuti». Così, ci troviamo di fronte al paradosso – tutt’altro che infrequente nel nostro paese – di essere prigionieri di norme fin troppo stringenti, ma senza alcun controllo. E non possiamo sapere che fine fanno i RAEE che non vengono ritirati.
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