Il d.P.R. n. 380/2001, noto come Testo Unico Edilizia (Testo A),
è un provvedimento che nasce dall’accorpamento di due testi
normativi: il D.Lgs. n. 378/2001 (Testo unico delle disposizioni
legislative in materia edilizia – Testo B) e il D.P.R. n. 379/2001
(Disposizioni regolamentari in materia edilizia – Testo C).
Il Testo Unico Edilizia
È per questo motivo che nella maggior parte degli articoli di
cui il Testo Unico Edilizia (TUE) si compone, sono riportati:
- il riferimento L (legislativo) o R (regolamentare), che sta a
significare se è un articolo che proviene dal D.Lgs. n. 378/2001
(L) o dal d.P.R. n. 379/2001 (R); - le norme da cui provengono.
L’art. 31 del TUE (ad esempio) ad oggetto “Interventi eseguiti
in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con
variazioni essenziali” è un articolo di tipo L che proviene:
- dall’art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (la legge del
“primo condono edilizio); - dall’art. 2 del decreto-legge 23 aprile 1985, n. 146,
convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 1985, n.
298; - dagli artt. 107 e 109 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (T.U.
Enti Locali).
Demolizione abusi e acquisizione a patrimonio comunale
L’art. 31 del TUE è stato recentemente modificato dalla Legge n. 105/2024
di conversione del D.L. n.
69/2024 (Decreto Salva Casa). In particolare, il Salva Casa è
intervenuto integrando il comma 3 e modificando il comma 5.
L’attuale versione del comma 3 è la seguente (in grassetto le
novità):
Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione
e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta
giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella
necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla
realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di
diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita
non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva
superficie utile abusivamente costruita. Il termine di cui
al primo periodo può essere prorogato con atto motivato del comune
fino a un massimo di duecentoquaranta giorni nei casi di serie e
comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile
all’epoca di adozione dell’ingiunzione o di assoluto bisogno o di
gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano
inesigibile il rispetto di tale termine.
Sui primi due periodi del suddetto comma 3 è recentemente
intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 160 del 3 ottobre
2024 che entra nel merito dell’acquisizione del bene e
dell’area di sedime al patrimonio del Comune a seguito di
inottemperanza alla demolizione entro i termini previsti.
Il diritto di ipoteca
La pronuncia della Corte Costituzionale arriva a seguito
dell’Ordinanza della Cassazione che ha sollevato questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 7, terzo comma, della legge 28
febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività
urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere
abusive) e dell’art. 31, comma 3, del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.
(Testo A)», per violazione degli artt. 3, 24, 42 e 117, primo
comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 1 del
Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo, nella parte in cui «non prevedono – in caso di
iscrizione di ipoteca giudiziale su un terreno sul quale sia stato
costruito un immobile abusivo, immobile gratuitamente acquisito al
patrimonio del comune – la permanenza dell’ipoteca sul terreno a
garanzia del creditore ipotecario».
Il caso oggetto dell’intervento riguarda una società,
cessionaria di un credito garantito da ipoteca iscritta su un
terreno sul quale i debitori avevano realizzato un immobile
abusivo, che chiedeva – a seguito del pignoramento sia
dell’immobile sia del terreno – la vendita dei beni staggiti. Il
giudice dell’esecuzione presso il Tribunale, però, respingeva
l’istanza e dichiarava improcedibile l’esecuzione forzata, in
quanto l’immobile abusivo, l’area di sedime e quella circostante
erano stati acquisiti al patrimonio comunale, ai sensi dell’art. 7,
terzo comma, della legge n. 47 del 1985, con conseguente estinzione
del diritto di ipoteca iscritto sul fondo.
Nel successivo giudizio di opposizione agli atti esecutivi
proposto dalla società, l’ordinanza del giudice dell’esecuzione
veniva confermata dal Tribunale con sentenza, avverso la quale la
società proponeva ricorso per cassazione. La Sezione terza civile
della Corte di cassazione ravvisava, ai sensi dell’art. 374,
secondo comma, cod. proc. civ., una questione di massima di
particolare importanza, concernente il consolidato orientamento di
legittimità, secondo cui l’acquisto a titolo originario
dell’immobile abusivo e dell’area di sedime estingue gli eventuali
diritti di garanzia iscritti in precedenza sul terreno.
Le conclusioni della Corte Costituzionale
Dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento, la
corte costituzionale ha dichiarato:
- l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, terzo comma, della
legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo
dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria
delle opere edilizie), nella parte in cui non fa salvo il diritto
di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile
dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei
registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza
alla ingiunzione a demolire; - inammissibili le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 31, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica
6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)»,
sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 117, primo comma,
della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 1 del
Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo, dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, con
l’ordinanza indicata in epigrafe; - in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento
della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale
dell’art. 31, comma 3, primo e secondo periodo, del d.P.R. n. 380
del 2001, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca
iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso
edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri
immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla
ingiunzione a demolire.
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