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La responsabilità penale degli intermediari finanziari nei reati di riciclaggio: tra negligenza e dolo eventuale #finsubito prestito immediato


Sommario: Introduzione – 1. Il quadro normativo in materia di riciclaggio e il ruolo degli intermediari finanziari – 2. Giurisprudenza recente: responsabilità oggettiva o soggettiva – 3. Prospettive dottrinali e future evoluzioni normative – 4. Conclusioni

 

Abstract. L’articolo si propone di analizzare il ruolo degli intermediari finanziari nel contesto dei reati di riciclaggio, ponendo particolare attenzione alla loro responsabilità penale, alla normativa vigente e agli orientamenti giurisprudenziali più recenti.

Introduzione

Il fenomeno del riciclaggio, oltre a rappresentare un reato particolarmente grave e complesso per le sue implicazioni transnazionali, si configura come un crimine “parassita” che si nutre dei proventi di attività illecite precedenti, alimentando il crimine organizzato e il terrorismo. La complessità del riciclaggio deriva, oltre che dalla sua capacità di superare le barriere nazionali, dalla sua struttura articolata e dal coinvolgimento, spesso inconsapevole, di diversi attori del sistema economico e finanziario.

Gli intermediari finanziari, in particolare le banche, giocano un ruolo cruciale nella gestione e movimentazione di ingenti flussi di denaro, rendendoli i principali soggetti tenuti a prevenire e contrastare il riciclaggio. Tuttavia, la loro posizione intermedia tra il controllo dei movimenti finanziari e la gestione della fiducia della clientela, pone una serie di problematiche giuridiche riguardanti la loro responsabilità penale.

1. Il quadro normativo in materia di riciclaggio e il ruolo degli intermediari finanziari

Il reato di riciclaggio è regolato dall’art. 648-bis c.p., che punisce chiunque, fuori dai casi di concorso nel reato, sostituisca o trasferisca denaro, beni o altre utilità provenienti da delitti non colposi, o compia in relazione ad essi altre operazioni tali da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa.[1] La formulazione ampia della norma consente di includere una pluralità di condotte, dalle più dirette – sostituzione e trasferimento – a quelle più complesse – dissimulazione e occultamento della provenienza.

Con il D.lgs. 231/2007, l’Italia ha dato attuazione alla Terza Direttiva antiriciclaggio (Direttiva 2005/60/CE), imponendo agli intermediari finanziari stringenti obblighi di verifica e controllo della clientela. Tali obblighi sono poi stati ulteriormente rafforzati con la Direttiva (UE) 2018/843 (V Direttiva antiriciclaggio), recepita con il D.lgs. 125/2019, che ha ampliato le misure di adeguata verifica della clientela, introducendo nuovi obblighi e rafforzando le disposizioni sanzionatorie.

Gli intermediari finanziari, tra cui le banche e gli altri soggetti del sistema creditizio, sono pertanto tenuti a svolgere attività di controllo preventivo, identificando e segnalando eventuali operazioni sospette alla UIF (Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia), l’organo preposto all’analisi delle informazioni finanziarie in Italia. Il mancato rispetto di tali obblighi può determinare conseguenze sia in ambito amministrativo che penale. Tuttavia, resta problematica la determinazione della soglia tra responsabilità per negligenza e dolo eventuale, soprattutto tenuto conto della difficoltà di dimostrare la consapevolezza effettiva dell’intermediario riguardo all’origine illecita dei fondi.

2. Giurisprudenza recente: responsabilità oggettiva o soggettiva

Uno dei principali riferimenti giurisprudenziali recenti è costituito dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sez. II, n. 2780/2021[2], che ha sancito una significativa interpretazione in merito alla responsabilità degli intermediari finanziari nel riciclaggio. Nel caso de quo, alcuni intermediari erano stati accusati di non aver adottato le misure di controllo necessarie per prevenire operazioni di riciclaggio, nonostante l’emersione di chiare anomalie nei movimenti di denaro. La Corte ha stabilito che l’inerzia o la negligenza nella verifica e segnalazione delle operazioni sospette può configurare un concorso colposo nel reato di riciclaggio. L’importanza di questa pronuncia risiede nel riconoscere che la semplice omissione di controllo non è sufficiente per escludere la responsabilità penale: quando l’intermediario ha gli strumenti per percepire il rischio di illiceità ma non interviene, si può configurare un contributo causale alla realizzazione del fatto. In questo contesto, la sentenza ha posto l’attenzione su un tema centrale: la responsabilità non deriva dalla mera condotta passiva, ma dalla mancata attivazione degli strumenti di prevenzione che gli intermediari hanno a propria disposizione. Tale impostazione si collega alla teoria del concorso colposo nel reato doloso, una costruzione giuridica che, pur essendo dibattuta, è stata più volte avallata dalla giurisprudenza. Secondo questa teoria, anche una condotta colposa può agevolare la commissione di un reato doloso, se sussiste un legame causale tra la negligenza e il risultato illecito.

Un altro importante contributo interpretativo è fornito dalla sentenza n. 2531/2020 della Corte di Cassazione, Sez. V[3], in cui i giudici di legittimità di soffermano sull’elemento soggettivo del reato di riciclaggio. In questo caso, la questione centrale riguardava la possibilità di configurare il dolo eventuale in capo al direttore di una banca che, nonostante avesse percepito anomalie nelle operazioni della clientela, non aveva provveduto a segnalare le stesse alle autorità competenti. Il dolo eventuale si configura quando il soggetto accetta consapevolmente il rischio che la propria condotta possa cagionare un evento illecito. Nella fattispecie in esame, la Corte rileva che il dolo eventuale non poteva essere automaticamente presunto dalla mancata segnalazione, richiedendo invece una prova più stringente della consapevolezza del rischio di illiceità e dell’accettazione dello stesso. La sentenza è significativa perché limita la configurazione automatica della responsabilità per dolo eventuale, sottolineando la necessità di provare un atteggiamento psicologico attivo del soggetto, che accetti il rischio del reato. Questo orientamento giurisprudenziale, a ben vedere, appare coerente con i principi generali del diritto penale, che impongono di evitare forme di responsabilità oggettiva e di valorizzare invece l’elemento soggettivo.

Un caso di grande rilievo, collegato alla responsabilità degli intermediari finanziari, è rappresentato dall’inchiesta sulla Banca Popolare di Vicenza. In questo contesto, il tema della responsabilità penale-amministrativa degli enti ex D.lgs. 231/2001 è stato posto al centro del dibattito giuridico. La sentenza della Corte di Appello di Venezia del 2023[4] ha evidenziato come l’ente bancario potesse essere chiamato a rispondere, in sede penale-amministrativa, per le condotte omissive dei propri dirigenti, che avevano contribuito alla realizzazione del reato di riciclaggio. Il collegamento tra le mancanze organizzative e l’insufficienza dei controlli interni ha portato alla condanna dell’ente per l’inadeguatezza del Modello Organizzativo adottato, come richiesto dal D.lgs. 231/2001. Questa vicenda evidenzia come la responsabilità degli intermediari finanziari non sia limitata alla dimensione individuale, ma coinvolga anche l’ente collettivo, che può essere ritenuto responsabile per l’inefficacia dei sistemi di compliance e controllo interni. Il modello 231 si rivela, dunque, anche in questo contesto, un elemento centrale nella prevenzione del riciclaggio e nella gestione del rischio per gli intermediari finanziari.

3. Prospettive dottrinali e future evoluzioni normative

La dottrina più recente si è ripetutamente espressa con preoccupazione riguardo alla tendenza giurisprudenziale verso una possibile responsabilità oggettiva degli intermediari finanziari. A tal proposito, si è sottolineato come l’atuale giurisprudenza sembri adottare un approccio sempre più severo, con il rischio di trasferire sugli intermediari un ruolo di “Polizia finanziaria”, trasformando la loro funzione di controllo preventivo in una responsabilità penale oggettiva. Il rischio è quello di rendere eccessivamente gravosa la posizione degli intermediari, costretti a operare con l’incertezza costante di poter incorrere in responsabilità penale anche in assenza di una piena consapevolezza delle dinamiche illecite.[5] Al contempo, è stato da altri evidenziato come le misure preventive dettate dal D.lgs. 231/2007 siano strumenti sufficientemente flessibili da permettere agli intermediari di proteggersi adeguatamente, se implementati con rigore. In questo contesto, tuttavia, alle autorità di vigilanza è richiesto l’onere di fornire linee guida più chiare e trasparenti, al fine di evitare interpretazioni ambigue che possano sfociare in responsabilità penali eccessive.[6]

In questo senso, e con uno sguardo a livello europeo, le recenti proposte della Commissione Europea di istituire un’agenzia centralizzata per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo rappresentano un passo avanti verso un controllo più uniforme e coordinato. Tale proposta, insieme all’evoluzione della normativa comunitaria, potrebbe contribuire a migliorare l’efficacia della prevenzione, riducendo il carico sugli intermediari attraverso un rafforzamento del sistema di controllo sovranazionale.

4. Conclusioni

L’evoluzione giurisprudenziale in materia di riciclaggio e responsabilità degli intermediai finanziari pone in luce un crescente inasprimento delle aspettative nei confronti di tali soggetti, che sono chiamati non solo a prevenire il crimine, ma anche a rispondere penalmente per omissioni o negligenze. Tuttavia, resta aperta la questione del confine tra dolo e colpa, con la necessità di evitare forme di responsabilità oggettiva o presunzioni automatiche di dolo eventuale.

Le prospettive future, tuttavia, sembrano orientate verso un maggior equilibrio tra prevenzione del riciclaggio e tutela dei diritti degli intermediari, che devono operare in un contesto di crescente complessità, con un ruolo sempre più rilevante delle autorità sovranazionali e un’attenzione crescente verso i sistemi di compliance interna.

L’augurio, in questo scenario, è che si possa sviluppare una sempre maggiore consapevolezza e competenza da parte degli intermediari finanziari, affinché diventino attori proattivi nella lotta al riciclaggio senza essere però appesantiti da un regime di responsabilità sproporzionato. Al contempo, si attende che il legislatore e le autorità di vigilanza offrano un supporto chiaro affinché la complessità normativa non diventi un ostacolo insormontabile, ma uno stimolo per rafforzare il sistema finanziario italiano ed europeo.

[1] Articolo 648-bis Codice Penale
[2] Cass. Pen., Sez. II, n. 2780/2021
[3] Cass. Pen., Sez. V, n. 2531/2020
[4] Corte di Appello di Venezia, Sez. I Penale, n. 3348/2023
[5] M. BIANCHI, La responsabilità penale degli intermediari finanziari nei reati economici: un pericolo imminente?, in Rivista di Diritto Penale , 36 (2), 135-160, 2021
[6] L. ROSSI, L’evoluzione delle normative antiriciclaggio e il ruolo degli intermediari finanziari, in Rivista di Diritto Bancario, 48 (2), 89-112, 2022

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