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Lo shopping in Germania e la vendetta a metà dei “mangia spaghetti” #adessonews

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La rivincita degli Spaghetti-fresser” è un bel titolo per l’Italietta Sovranista che gonfia il petto raccontando a se stessa di aver “ritrovato un ruolo centrale nell’Unione Europea” (parole testuali di Giorgia Meloni, dopo il via libera della nuova Commissione Ue a Raffaele Fitto, vicepresidente con molti amici e poche deleghe). Unicredit che allunga le mani su Commerzbank è quasi una nemesi storica . Nemesi che cancella l’onta di quella famosa e famigerata copertina di Der Spiegel del 1978: un piattone di spaghetti fumanti, con una bella P38 piazzata sopra, a condire la pietanza-simbolo del Belpaese fatto solo di Pasta&Mafia. Quarantasei anni dopo, al paludato quotidiano finanziario Handelsblatt tocca fare i complimenti alla banca di Piazza Gae Aulenti, per la scalata in corso su quella di Francoforte sul Meno.

La riscossa di Orcel

Dunque, sia lode a Andrea Orcel, che ci ripaga con moneta sonante per la mortale offesa dei mangia-crauti. Si credevano carnefici: una manifattura d’acciaio, un bilancio federale da eterno “Schwarze Null”, deficit nero-zero, e un’idea luterana di etica fiscale riassunta in una parola, “Schuld”, che significa sia debito sia colpa. E ora si scoprono vittime: “Null”, zero, non è il disavanzo ma la crescita economica, manifattura crollata del 12,4% in un anno e affossata dalla crisi epocale dell’auto, con la mitica Volkswagen che per la prima volta nell’era moderna chiude le fabbriche la blasonata Mercedes costretta a vendere la sua controllata cinese nell’elettrico, e finanza malmessa, con la più grande banca del Paese, la chiacchierata Deutsche, all’ultimo posto tra le prime dieci di Eurolandia. Che Commerzbank potesse diventare preda, a breve giro, era piuttosto scontato: lo Stato la controlla da sedici anni, e non è mai riuscito a trovargli un partner nazionale all’altezza, perché non ce ne sono. La novità assoluta, però, è che stavolta il raider è italiano, e questo nessuno se lo aspettava. Nemmeno il Cancelliere Scholz, che prepara l’arrocco, insieme al suo ministro delle finanze Lindner, che dice «Commerzbank andrà privatizzata, ma lo stile dell’approccio di Unicredit ha sconvolto molti azionisti in Germania».

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I vertici dei due istituti hanno cominciato a parlarsi, venerdì scorso. La battaglia sarà lunga. Passerà giocoforza attraverso i governi: la stessa Meloni, in via ufficiale, si limita a dire «nella Ue c’è il libero mercato, vediamo se si possono “coadiuvare” soluzioni, ma è un tema che non riguarda l’esecutivo». A parte il criptico significato di quel “coadiuvare”, la sensazione è che i palazzi di Roma e Berlino si stiano confrontando. E che il Richelieu de’ noantri, il sottosegretario Fazzolari, stia facendo moral suasion su Orcel, perché «se l’operazione fosse amichevole sarebbe meglio per tutti». Per fortuna Sergio Mattarella — lui sì, interprete dell’interesse nazionale ma senza essere nazionalista — ribadisce l’urgenza di costruire «campioni europei». Intanto, è d’obbligo una doppia riflessione. Primo punto, più generale: i gloriosi “patrioti” in festa per la crisi tedesca soffrono di acuta sindrome tafazzista. Se in Europa si fermasse davvero la locomotiva tedesca, il triciclo italiano finirebbe dallo sfasciacarrozze: la Germania è il nostro principale partner commerciale, nel 2023 ha comprato “made in Italy” per 74,6 miliardi, e gli effetti di una recessione tedesca sull’economia tricolore sarebbero pari a 1 punto di export, 0,3 di import e 0,2 di Pil.

La vigilanza della Bce

Secondo punto, più specifico: la politica conterà qualcosa, nell’operazione Unicredit-Commerzbank. Ma ancora di più peserà la vigilanza della Bce. Il dossier è già sui tavoli dell’Eurotower che — come osserva Andrea Resti su lavoce.info — concentrerà le sue attenzioni su tre punti cruciali. I requisiti minimi di capitale aggiuntivo richiesti al nuovo soggetto; il trattamento dei cosiddetti badwill, cioè il risparmio realizzato dal compratore rispetto al valore teorico della banca acquisita, quando i prezzi di borsa sono inferiori al patrimonio contabile; i modelli interni con cui le banche misurano il rischio del proprio portafoglio crediti. Ma dal fronte Banca centrale europea c’è un’altra variabile, che aleggia persino nei corridoi di Bankitalia. La presidente del Consiglio di Vigilanza — che sta studiando il dossier Unicredit-Commerzbank — è Claudia Buch. Nata a Paderborn, in Renania Settentrionale-Vestfalia, dove Carlo Magno nel 776 fece costruire il suo primo palazzo imperiale. Formata alla Bundesbank, di cui è stata vicepresidente dal 2014. Una vera tedesca di Germania. Se fosse vivo Andreotti, ripeterebbe che a pensare male si fa peccato… E non vorremmo che ci si azzeccasse anche stavolta.



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