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“Nel nostro ranch di Wheatherford abbiamo alcuni dei migliori stalloni d’America e le migliori fattrici. Siamo i numeri uno nel reining”. A rivendicare il primato non è uno spavaldo cowboy texano, ma un tostissimo 91enne italiano, con una straordinaria storia imprenditoriale e sportiva alle spalle. Eleuterio Arcese ha fondato e ancora guida (è proprio il caso di dirlo) un colosso dell’autotrasporto e della logistica, con quartiere generale ad Arco di Trento. Ma è anche uno dei grandissimi nomi del reining mondiale: il primo non statunitense a entrare, nel 2004, nella Hall of Fame della National Reining Horse Association, con uno stallone in attività, Gunnatrashya, i cui discendenti hanno totalizzato montepremi per 13 milioni di dollari.
Anche per questi successi nella seconda metà del mese di settembre il Comune di Arce, in provincia di Frosinone, conferirà la cittadinanza onoraria ad Eleuterio, nato in questo paese del Basso Lazio nella lontana estate del 1933. “Tornerò ad Arce per la cerimonia”, conferma Arcese. “E ne approfitterò per vedere i miei cavalli in gara al RHA-NRHA Maturity 2024 che si terrà dal 24 al 28 settembre presso l’Elementa Resort di Bracciano”.
Signor Arcese, andrà anche negli Stati Uniti per vedere i cavalli che alleva lì?
“Certo, a novembre in Oklahoma, dove ogni anno si tiene il futurity per i cavalli di tre anni. Noi andiamo sempre. E comunque visito gli States due o tre volte l’anno”.
E quando è lì indossa il classico cappello da cowboy?
“Non sempre, ma qualche volta sì”.
Come è nata la sua passione per i cavalli?
“Ad Arce avevamo mucche e cavalli. Era subito dopo la Seconda guerra mondiale, e da ragazzino montavo a pelo e senza redini su quei cavalli di campagna. Poi crescendo, e iniziando a lavorare come autista di camion, ho lasciato stare. A vent’anni già non montavo più”.
Quando si è riaccesa la scintilla?
“Molti anni dopo. Mi ero trasferito ad Arco di Trento e fondato la mia azienda di trasporti. Nel 1983 un amico mi regalò un quarter horse, le mie figlie si appassionarono all’equitazione e fecero venire voglia anche a me”.
Lei però non si accontentò di comprare buoni cavalli per le figlie. Cominciò a importare cavalli e trainer dagli Usa…
“Sì, sono andato in America e ho portato in Italia i migliori cavalli: praticamente sono stato io a introdurre la monta western in Italia. La prima associazione l’ho fondata insieme a un gruppo di amici, anche loro molto appassionati”.
A quel punto si è rimesso in sella anche lei?
“Sì, sono rimontato a cavallo, ma solo per fare passeggiate, non gare”.
E i suoi figli?
“Matteo ha gareggiato, anche nella finale di un futurity non pro negli Usa. Leonardo segue il ranch che abbiamo in Texas e Paola, che aveva cominciato a montare 15enne, per anni si è occupata della comunicazione della Arcese Quarter Horses (https://arcesequarterhorses.com/)”.
Quanti nipoti ha?
“Sette. Uno di loro, quindicenne, ha appena iniziato a prepararsi per le gare: esordirà il prossimo novembre”.
Però la famiglia resta ancorata al Trentino…
“Sì, lavoriamo tutti nell’azienda di trasporti e logistica qui in Italia. Ma i cavalli sono tutti negli Usa. Per un periodo ne abbiamo avuto qualcuno nella tenuta di Oliviero Toscani a Marina di Pisa. Oliviero è un grande amico, abbiamo iniziato insieme, e i nostri figli montavano a cavallo insieme”.
Lei ha anche provato a costruire un polo del reining qui in Italia. Cosa non ha funzionato?
“Qui ad Arco di Trento non lasciano costruire le grandi arene che sono necessarie per questi eventi. Allora ci abbiamo provato a Castelnuovo del Garda, in provincia di Verona. Alla fine però abbiamo deciso di trasferirci direttamente in America: c’è più soddisfazione, si vincono tanti soldi e c’è un grande mercato per questi cavalli”.
Si narra che il segreto del suo successo sia stato unire un indiscusso talento imprenditoriale al fiuto innato per i cavalli di qualità. Ma davvero è riuscito far soldi con questi animali, anziché perderli come avviene nella maggior parte dei casi?
“Non vorrei apparire presuntuoso, ma in effetti credo di essere l’unico che con i cavalli ci ha guadagnato. Vendo i puledri appena nati a 250mila dollari. Cavalli adulti a un milione o due milioni. Il ranch che ho comprato negli Usa mi è costato due milioni e ora e me ne hanno offerti 20. I figli di una mia fattrice hanno vinto più di due milioni di dollari. E una monta dello stallone Gunnatrashya, primo al mondo per montepremi vinti, vale oltre 7000 euro: poiché ne fa 200 in un anno ci fa guadagnare quasi un milione e mezzo”.
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