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Ritardata iscrizione AIRE: conseguenze – Fiscomania #adessonews

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Effettuare una corretta procedura di trasferimento di residenza all’estero è propedeutica per evitare, o quanto meno a superare in modo positivo, accertamenti fiscali. L’aspetto su cui ci concentriamo in questo contributo riguarda le conseguenze legate ad un trasferimento effettuato in modo non corretto. Mi riferisco all’ipotesi di ritardata iscrizione AIRE. Andiamo ad analizzare, quindi, come può verificarsi questa situazione, di ritardata iscrizione AIRE, con un esempio pratico e quali sono le relative conseguenze in termini fiscali.

La residenza fiscale delle persone fisiche

Ai fini fiscali esistono precisi criteri di individuazione della residenza fiscale di una persona fisica che presenta particolari elementi di radicamento sul territorio dello Stato italiano. A livello domestico, la normativa fondamentale è dettata dall’articolo 2, co. 2, TUIR, la quale prevede che sono residenti coloro che:

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  • Hanno la residenza nel territorio dello Stato, ex art. 43 co. 2 c.c. – La residenza deve essere individuata nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale, con intenzione di rimanervi;
  • Hanno il domicilio nel territorio dello Stato. Per domicilio, deve intendersi “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona“);
  • Sono presenti nel territorio dello Stato (considerando anche le frazioni di giorno);
  • Salvo prova contraria, risultano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente, presso i vari Comuni.

Sullo specifico punto, il legislatore ha anche previsto una presunzione legale relativa in tema di residenza fiscale. Il legislatore, infatti, pone in capo al contribuente l’onere di fornire la pertinente prova contraria. Infatti, ai sensi dell’articolo 2, comma 2-bis, del TUIR

si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori a fiscalità privilegiata”.

Il trasferimento all’estero con iscrizione AIRE nella seconda parte dell’anno

Al fine di analizzare compiutamente le conseguenze in caso di ritardata iscrizione AIRE, andiamo ad analizzare un esempio concreto. Ipotizziamo il caso di una persona fisica emigrata in Spagna, che ha stipulato nell’anno “n” un contratto di locazione e, contestualmente, anche un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato con una società di diritto spagnolo. L’iscrizione AIRE è stata ottenuta nel corso dello stesso anno “n”. Conseguentemente, ci si deve porre il problema di verificare se, per la maggior parte del periodo di imposta, il soggetto sia o meno da considerarsi ancora iscritto alle anagrafi della popolazione residente.

Per rispondere a questa domanda occorre rifarsi alla normativa sostanziale di riferimento. Ai sensi dell’articolo 3 del TUIR, per le persone fisiche residenti in Italia l’imposta si applica sull’insieme dei redditi percepiti. Questo, indipendentemente da dove questi siano prodotti, mentre per i soggetti non residenti l’imposta si applica solo sui redditi prodotti nel territorio dello Stato.

Come individuare il Paese di residenza fiscale?

Al fine di individuare la residenza fiscale di un soggetto occorre rispettare un principio generale. La nozione di residenza fiscale valida ai fini dell’applicazione delle disposizioni delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, è quella della legislazione interna degli Stati contraenti (art. 4 del Modello di convenzione OCSE). Normativa che, nel caso dell’Italia, prevede che:

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  • Sono soggetti passivi d’imposta tutte le persone fisiche residenti e non residenti nel territorio dello Stato. Questo indipendentemente dalla cittadinanza;
  • Sono residenti in Italia: “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.“. Le tre condizioni sopra illustrate, come confermato dalla prassi amministrativa, sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato, per la maggior parte del periodo d’impostauno solo dei predetti requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia. Viceversa, solo quando i tre presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d’imposta di riferimento, tale persona può essere ritenuta non residente nel nostro Paese.

Ciò posto, esaminando nel dettaglio la situazione, il certificato rilasciato dal Comune italiano di residenza della persona fisica, emerge che l’istante ha perfezionato il trasferimento di residenza in nella seconda parte dell’anno “n”. Ebbene, in questo caso si è verificata una ritardata iscrizione AIRE. Di conseguenza, possiamo sintetizzare quanto segue:

  • Il contribuente deve essere identificato come soggetto fiscalmente residente nel nostro Paese per il periodo d’imposta, sussistendo una delle tre condizioni previste dal citato articolo 2, comma 2, TUIR (rectius l’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta);
  • Tutti i redditi percepiti, dovunque siano stati prodotti, devono essere dichiarati ai fini dell’imposizione in Italia.

Perfezionamento dell’iscrizione AIRE

L’iscrizione AIRE si perfeziona, a partire dal 26 marzo 2019, nel momento di presentazione della domanda, a condizione che la documentazione presentata sia completa. Questo, indipendentemente, quindi dal tempo di evasione della domanda da parte del Comune italiano di ultima residenza del soggetto espatriato.

La legge n. 213, art. 1, comma 242 del 30 dicembre 2023 ha introdotto una sanzione di massimo 1.000,00 euro per ogni anno di mancata iscrizione all’AIRE, per un massimo di 5 anni, per tutti i cittadini italiani residenti all’estero.

Il reddito da lavoro dipendente nelle Convenzioni OCSE

A questo punto occorre verificare come viene determinato il reddito da lavoro dipendente a livello di convenzioni internazionali. Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni, il reddito percepito a fronte di un’attività di lavoro dipendente prestata, per la maggior parte dell’anno “n“, in Spagna (alle dipendenze di una società di tale Stato) è soggetto a tassazione concorrente nei due Paesi contraenti, ossia in Italia (Stato di residenza della persona fisica) e in Spagna (Stato di svolgimento dell’attività lavorativa). Quindi, per eliminare fenomeni di doppia imposizione economica, l’articolo 24, paragrafo 2, della Convezione internazionale Italia – Spagna, prevede che: 

“Se un residente dell’Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili in Spagna e l’Italia, nel calcolare le proprie imposte sul reddito … può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l’Italia deve detrarre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata in Spagna. Tuttavia, l’ammontare della detrazione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo”.

Giova inoltre ricordare che qualora l’istante, in base alla normativa interna della Spagna, potesse qualificarsi come soggetto residente all’estero, si configurerebbe un conflitto normativo (c.d. dual residence). Situazione che è risolta secondo i criteri stabiliti nell’articolo 4, paragrafo 2, della Convenzione internazionale.

Situazioni di dual residence in caso di ritardata iscrizione AIRE

In merito, nel caso in cui una persona fisica sia residente di entrambi gli Stati contraenti, il contribuente viene residente solo nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente. Poi, in subordine (laddove disponga di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati), la residenza di una persona fisica si determina secondo i seguenti criteri residuali disposti in ordine decrescente:

  • Luogo di ubicazione del “centro degli interessi vitali. La persona fisica che dispone di un’abitazione principale in entrambi gli Stati, sarà considerata residente nel Paese nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette;
  • Dimora abituale. Ove non sia possibile individuare la residenza del contribuente in base ai due criteri sopra citati, una persona fisica sarà considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente;
  • Nazionalità della persona fisica. Quando i primi tre criteri non sono dirimenti, il contribuente viene considerato residente dello Stato contraente la Convenzione di cui possiede la nazionalità;
  • Reciproco accordo. Quando una persona fisica ha la nazionalità di entrambi i Paesi o di nessuno di essi, gli Stati contraenti la Convenzione risolveranno la questione di comune accordo.

Cosa rischio se non mi iscrivo all’AIRE?

L’AIRE è un obbligo di legge per tutti i soggetti che intendono stabilirsi all’estero in modo duraturo e stabile, quindi oltre l’anno. Sotto il profilo amministrativo non sono previste sanzioni nel caso in cui non venga effettuata l’iscrizione AIRE. Tuttavia, non iscriversi all’AIRE espone il contribuente a possibili sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. Come abbiamo detto, infatti, chi non si iscrive all’AIRE rimane fiscalmente residente in Italia (con l’obbligo di dichiarare in Italia anche i redditi di fonte estera).

Questo significa anche che l’Agenzia delle Entrate, nel corso della sua attività di accertamento nei confronti dei soggetti che effettuano fittizie residenze all’estero, può arrivare ad accertare il contribuente non iscritto AIRE. Inoltre, occorre considerare la normativa internazionale connessa al c.d. “Common Reporting Standard” (CRS), secondo il quale gli Stati esteri aderenti inviano informazioni finanziarie per i contribuenti italiani trasferiti all’estero. In questo modo l’Agenzia delle Entrate ha la possibilità di incrociare i dati a propria disposizione ed accertare i contribuenti irregolari. In questo caso l’Amministrazione finanziaria invia quelle che possiamo chiamare “lettere di compliance“. Nei casi più gravi è possibile ricevere un vero e proprio accertamento.

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Le cose possono essere leggermente diverse nel caso in cui il soggetto sia espatriato in Paesi che hanno sottoscritto una Convenzione contro le doppie imposizioni. In questi casi, infatti, stante il fatto che la normativa convenzionale è di rango superiore a quella nazionale e può essere invocata quanto più favorevole al contribuente, è possibile verificare le condizioni delle c.d. “tie breaker rules” per individuare la residenza fiscale dell’espatriato. Tuttavia, si tratta sempre di situazioni non semplici dove le variabili in gioco possono essere molte e possono finire per influenzare la situazione dell’espatriato. Per questo motivo, ad oggi, l’iscrizione AIRE è fondamentale per tutti i soggetti che decidono di trasferirsi in modo duraturo e stabile all’estero, andando a trasferire anche la propria residenza fiscale.

Conclusioni e consulenza fiscale

In questo articolo ho voluto riepilogare quali sono le conseguenze legate ad una ritardata iscrizione AIRE. Prima di tutto l’iscrizione AIRE perfezionata nella seconda parte dell’anno porta a considerare italiana l’annualità del trasferimento. Come abbiamo visto, vi è l’obbligo di dichiarare tutti i redditi, compresi quelli esteri. Anche le convenzioni internazionali base sul modello OCSE confermano che in questo caso il reddito da lavoro dipendente debba essere dichiarato sia nello Stato della Fonte che in quello di residenza fiscale. Salva la possibilità (articolo 24) di beneficiare di un credito per imposte estere.

Altra fattispecie che potrebbe verificarsi è quella di una situazione di dual residence. In questo caso per determinare la residenza fiscale occorre fare riferimento al comma 2 dell’articolo 4 del modello di convenzione OCSE. Solo nell’ipotesi in cui il soggetto possa qualificarsi come residente in entrambi i Paesi e sia in grado di dimostrare all’Agenzia delle Entrate la prevalenza della residenza fiscale in Spagna potrebbe evitare la tassazione in Italia del reddito.

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